L’ultima gara della stagione, quella che consegna il mondiale a Nico Rosberg,sembra già finita dopo nemmeno tre secondi. Il tempo di capire che Max Verstappen era partito male. Sulla carta l’olandese della Red Bull, arrivato qui ad Abu Dhabi in grandissima condizione, era l’unico vero pericolo per il tedesco, l’unico cioè in grado di combattere seriamente per la seconda posizione. E però subito dopo il semaforo verde, dopo un impatto con la Force India di Hulkenberg, era scivolato in fondo alla griglia. Illudendo Rosberg che il mondiale fosse ormai ad un passo.
Ma era appunto un’illusione. Mancavano ancora 54 giri. E sarebbero stati lunghissimi. Già, perché se è vero che Hamilton ha guadagnato subito la prima posizione, proprio come era nei piani di Rosberg, e ha cominciato a sfogare la sua rabbia pestando sull’acceleratore come se al posso del pedale ci fosse la mano del rivale, è anche vero che di lì a poco, il gioco dei pit stop ha precipitato il povero Nico (a cui per vincere bastava un terzo posto) nella più scomoda delle situazioni: e cioè nel bel mezzo del pacchetto degli inseguitori (due Red Bull e due Ferrari) con un redivivo Verstappen davanti (aveva una strategia diversa quindi non ha avuto bisogno di fare il cambio gomme) e Raikkonen alle spalle.
Ma era appunto un’illusione. Mancavano ancora 54 giri. E sarebbero stati lunghissimi. Già, perché se è vero che Hamilton ha guadagnato subito la prima posizione, proprio come era nei piani di Rosberg, e ha cominciato a sfogare la sua rabbia pestando sull’acceleratore come se al posso del pedale ci fosse la mano del rivale, è anche vero che di lì a poco, il gioco dei pit stop ha precipitato il povero Nico (a cui per vincere bastava un terzo posto) nella più scomoda delle situazioni: e cioè nel bel mezzo del pacchetto degli inseguitori (due Red Bull e due Ferrari) con un redivivo Verstappen davanti (aveva una strategia diversa quindi non ha avuto bisogno di fare il cambio gomme) e Raikkonen alle spalle.
Ed è stato qui, in questo esatto momento, che Rosberg si è guadagnato il suo mondiale, perché invece di accontentarsi di una terza posizione che gli sarebbe stata comunque sufficiente, ha deciso di fare il massimo, e di rischiare. Da bravo candidato al titolo iridato ha pigiato sull’acceleratore e ha sorpassato Verstappen. Ora, dopo quanto successo in Brasile e soprattutto dopo quanto successo nelle gare precedenti, è chiaro a tutti che provare a superare Verstappen di questi tempi è un po’ come provare a disinnescare una mina antiuomo con indosso i guantoni da boxe. Lui ci ha provato lo stesso. Doveva farlo.
E per poco non paga il conto. Verstappen resiste, le macchine si sfiorano ma alla fine il pilota Mercedes se la cava egregiamente, sorpassa il collega e si lancia all’inseguimento di Hamilton. La mossa si dimostrerà decisiva anche dal punto di vista tattico, perché con il finale che Hamilton aveva in mente trovarsi dietro alla Red Bull sarebbe stato esiziale.
L’inglese infatti, osservata la manovra di Rosberg dagli specchietti retrovisori , ha capito che era il momento della mossa della disperazione e così ha alzato il piede dall’acceleratore e ha letteralmente aspettato il compagno di squadra, costringendolo ad abbassare il ritmo e a farsi riavvicinare dal gruppetto Red Bull-Ferrari, in modo da creare una sorta di bagarre permanente. Erano gli ultimi giri, quelli in cui i piloti a un passo dal traguardo stagionale di solito hanno un piccolo crollo nervoso. Rosberg, invece, ha tenuto duro. Pur esposto agli attacchi di Vettel non si è scomposto. Vettel, a dire il vero, lo ha aiutato non poco: il tedesco della Ferrari si è ritrovato arbitro del mondiale negli ultimi due giri, e alla fine si è dimostrato amichevole nei confronti del suo connazionale, evitando di portare un più che possibile attacco finale (e, dato non trascurabile, ottenendo anche il risultato di rimanere, con quattro titoli vinti, il più vincente dei piloti in attività; visto che oggi Hamilton, anche grazie a lui, è fermo a quota tre).
Il mondiale con cui Nico Rosberg ha eguagliato il primato raggiunto 34 anni fa dal papà Keke è sicuramente meritatissimo. Il tedesco ha saputo costruire un piccolo impero approfittando delle troppe distrazioni del suo unico avversario stagionale, Lewis Hamilton. Il quale ha molto da rimproverarsi.
Repubblica.it